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      PALIO DI SIENA 

 

"La sequenza di scatti parte con alcuni iconici elementi: la Torre del Mangia, i palchi, il museo di contrada, i tavoli predisposti per le cene. Immagini quiete, quasi disabitate e un movimento lento come un risveglio che timido cresce. I frame si popolano, prendono vita i sensi, si incastrano e si intrecciano nel ritmo di un cuore tribale che batte sempre più forte: un baccano che si allarga in cerchi sempre più ampi, accentuato dall'occhio divaricato del grandangolo, come un sasso lanciato dall'alto nella liquida superficie piatta di un lago.   

La corsa è un soffio, o lo schianto di un tuono prima del temporale, una scheggia che è già passata prima di averci capito qualcosa.

Per chi viene da fuori è incomprensibile tanta sproporzione, fra la dilatazione snervante del “prima” e l'impalpabilità sfuggente dell' “ora, qui, adesso”: il segreto sta dentro a quel flash, l'orgasmo di pochi istanti, fra due amanti che si cercano con desiderio e cautela, da troppo tempo.

Poi tutto è un caos di lacrime e abbracci, fra fughe e incontri si celebra l'attimo, si glorifica la forza insensata, dirompente, della vita, che sta alla base di tutto.

Per questo è nato e resiste (il Palio, ma forse anche l'essere umano), perché ci si possa sentire indubitabilmente vivi.

Di nuovo la città si quieta, si sciolgono abbracci, ognuno ritorna ai propri impegni, alle cose banali di ogni giorno.

 

Alessandro Pagni

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